Scavano. Dodici ora al giorno per pochi spiccioli. Certo, non si spaccano la schiena come chi lavora in miniera per davvero, ma rischiano anche loro problemi a occhi e schiena. Per non dire della stabilità psichica.
Loro sono i “minatori virtuali” cinesi. Collegati da mattina a sera a qualche gioco di ruolo online, ripetono in continuazione compiti noiosi e alienanti: costruire sempre lo stesso oggetto o uccidere sempre lo stesso mostro per guadagnare qualche abilità premio o un po’ di denaro digitale.
In sostanza, impiegano il loro tempo accumulando soldi virtuali che poi barattano con i soldi – reali – di qualche occidentale viziato che vuole potenziare il proprio personaggio evitando difficoltà eccessive. E’ una pratica ormai molto diffusa, tanto che hanno inventato persino un nome specifico per indicarla, “gold farming”. Si stima che i lavoratori di questo particolarissimo settore siano più di 400mila. Guadagnano circa 100 euro al mese.
L’affare è talmente grande che inizia ad interessare perfino la malavita organizzata. E a impensierire le società di produzione. I giocatori “onesti” non sono tanto contenti di vedersi superare nella competizione da chi è in grado di comprarsi i privilegi. E odiano ancora i più i poveri minatori, accusati di rovinare il divertimento. Spesso i lavoratori delle golden farm si appostano per ore, aspettando che una risorsa di gioco si rigeneri, per poi poterla raccogliere di nuovo. Lasciando gli altri a bocca asciutta.
Così, a volte si scatena la “caccia al cinese”. I personaggi sospettati – più o meno a ragione – di essere dei minatori, vengono uccisi dagli altri giocatori. Su World of Warcraf, ad esempio, sembra abbiano vita dura i nani femmina, spesso utilizzati dai forzati virtuali.
Si ringrazia Bastiancontraria per la segnalazione.
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